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AILI - DAL PUNTO DI VISTA DI DEAM


Aili - dal punto di vista di Deam



Ho trovato sul mio computer questo breve testo dal punto di vista di Deam. Lo avevo scritto allo scopo di entrare più in sintonia con i pensieri del personaggio, mi pare durante la stesura del terzo libro. Rileggerlo è stato come un tuffo nel passato. ❤️ Non penso di averlo mai condiviso, prima. Lo faccio ora. 🙂



Deam

"Cercai di inspirare un po’ d’aria senza riuscirci. Con la schiena piegata e le mani appoggiate alle gambe appena un po’ prima delle ginocchia. Il cuore batteva troppo velocemente. Non riuscivo a calmarlo, né a placare la mente e le immagini violente che mi saettavano nella testa. Sentivo solo dolore in ogni centimetro del mio essere, in ogni sfaccettatura della mia anima. Il corpo si era rivestito con uno strato si sudore e i vestiti inumiditi si erano attaccati alla pelle. Avevo freddo. Gelavo. Speravo che quella sgradevole sensazione aiutasse a distrarmi, ma non funzionava. Per niente. Continuavo a boccheggiare e un sapore acido risaliva fino alla gola. Sentivo il bisogno di vomitare. Di rigettare fuori tutto quanto; anche me stesso.

Volevo tenere gli occhi aperti per distrarmi, focalizzandomi sui piccoli fiocchi di neve che scendevano da qualche minuto con più insistenza, ma era un problema anche un’azione così semplice, perché le pulsazioni erano cosi forti che vedevo ogni cosa ondeggiare. Barcollavo anch’io. Non fosse bastato questo, anche le lacrime erano salite ad annebbiare la vista. Una goccia calda mi scese lungo una guancia. Ironico che l’unica fonte di calore fosse data dalla manifestazione dallo strazio che avvertivo dentro.

Mi lasciai cadere in ginocchio. Forse non dovermi reggere in piedi mi avrebbe permesso di concentrare le energie su altro. Calmarmi, calmarmi.

Finalmente l’ossigeno riuscì a raggiungere i polmoni. Aprii le palpebre e mi guardai intorno. Sul balcone ci saranno stati almeno quindici centimetri di neve. I pantaloni si stavano bagnando. Sollevai una mano e la schiusi con il palmo rivolto verso l’alto. Un fiocco sospinto da una leggera brezza vi si depose sopra e subito prese a sciogliersi. Mi sentivo così anch’io: sballottato e sul punto di sparire. Mi chiesi se quest’ultima, più che una sensazione, non fosse un desiderio. Ero così stanco. Il cuore mi doleva al tal punto che, se avessi potuto, me lo sarei strappato dal petto. Ma non potevo, perché non apparteneva soltanto a me. Se le avessi fatto del male, un’altra volta, non ci sarebbe stato inferno né abbastanza torture che avrebbero potuto placare il senso di colpa e il dolore.

Udii la porta della stanza che si chiudeva, la voce del mio amore che mi chiamava. Mi alzai in piedi. Non volevo che mi vedesse in quello stato. Non avrei sopportato la sua preoccupazione. Mi sentivo già abbastanza miserevole anche da solo.

In quei giorni mi ero impegnato con tutte le forze per erigere un muro che riuscisse a bloccare i sentimenti, nella speranza di ottenere un po’ di respiro, di riuscire a darmi il contegno del re che sarei dovuto essere. Invece a ogni mattone che aggiungevo, ne crollavano almeno un paio. Qualcosa si era incrinato e non ero più capace di fermare le emozioni. Mi arrivavano dritte al cuore come lame appuntite e tutte quante centravano il bersaglio facendomi sanguinare.

«Deam?». Aili aveva aperto la porta a vetri e mi guardava impensierita. «Cosa fai fuori? Si gela».

«Volevo solo prendere una boccata d’aria», risposi.

Allungò un braccio verso di me. «Dai, torna dentro».

Osservai la sua mano protesa nella mia direzione, come una fune gettata a un naufrago che sta per affogare. Un appiglio per la salvezza. La mia.

Compii i pochi passi che ci separavano e l’afferrai. Appariva piccola e delicata stretta nella mia, ma era in grado di comunicare forza e sicurezza. Lei mi tirò all’interno della camera e richiuse la vetrata dietro di noi per non fare entrare il freddo. Era vestita con una mantella dalla stoffa pesante e una camicia da notte dello stesso colore dorato dei suoi capelli. Mi passò le braccia intorno al busto e si strinse a me, appoggiandosi con una guancia al mio petto. Il nodo che teneva bloccata la gola si allentò e all’improvviso potei tornare a respirare. Lei era il vero ossigeno di cui il mio corpo necessitava. La abbracciai anch’io."

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